I monaci non potevano coltivarla negli orti dei monasteri. Alle suore era proibito cibarsene perché “eccitante ai giochi dell’amore”. La rucola ha proprietà afrodisiache riconosciute fin dai tempi dei Romani.
- Nome scientifico: Diplotaxis tenuifolia
- Nome comune: Rucola, rughetta selvatica
- Nome dialettale: Ruchele
Come si presenta
La rucola è una pianta erbacea perenne con portamento eretto. Le foglie sono strette e lunghe, molto carnose , di un colore verde che tende a schiarire in verde cenere. La pianta fiorisce d’estate; i piccoli fiori, che si innalzano fino ad un metro su steli sottili, hanno 4 petali, come tutte le brassicacee, di colore giallo intenso.
Dove trovarla
Molto presente nei coltivi, la si può trovare anche negli incolti, soprattutto se aridi e calcari, nelle periferie urbane, sui margini delle strade e sugli argini di corsi d’acqua. Sul Gargano e nel Tavoliere è comunissima.
Come utilizzarla
Famoso nel foggiano il piatto di rucola e patate, ma è soprattutto cruda che se ne apprezzano le qualità organolettiche. Ottima nelle insalate, anche da sola, sulle pizze, sulle bruschette e sugli affettati. Il sapore piccantino è la sua caratteristica che però si perde con la cottura. I contadini la mangiavano cruda con il pane durante le pause di lavoro.
Quest’erba, ricca di vitamina B e C e di tanti sali minerali, ha proprietà depurative, diuretiche, stimolanti e toniche. Inoltre stimola l’appetito, risulta benefica per il fegato e combatte la presenza di gas nell’intestino.
Curiosità
L’uso alimentare è antichissimo; i Romani le attribuivano proprietà afrodisiache e ne consumavano anche i semi. Lo si intuisce chiaramente in un verso di Columbella: (libro X) “Perché i pigri mariti desti a Venere la Rucola” e in un epigramma di Marziale (Epigramma 33) che rivolgendosi ad un tale Luperco, impotente senza rimedio, gli dice: “ nulla ormai possono giovare rucola e santoreggia”. Anche Ovidio ne “L’arte di amare” attribuiva alla rucola proprietà afrodisiache e la chiamava “l’erba che cresce nei nostri giardini”. Furono proprio queste sue presunte proprietà a scacciarla dagli orti dei monasteri nel medioevo. Santa Ildegarda la considerava come “eccitante ai giochi dell’amore” e la proibì alle sue suore. (Nello Biscotti, Peregrinazioni fitoalimurghiche)